domenica 29 dicembre 2013

Gesù e la Sophia (un testo di M. Fox)

Riporto questo passo perché secondo me porta una visione realistica del senso del vangelo.


LA SOPHIA (di M. Fox)

La teologia della Sofia, per quanto si fosse sviluppata nel giudaismo, arrivò ad assumere - per usare le parole di Borg - «qualità e funzioni normalmente attribuite a Dio». La Sofia diventa «la modellatrice di tutte le cose» e la «madre» di tutte le cose buone, che «pervade e penetra ogni cosa». Inoltre «rinnova tutte le cose». E giunge a tutti noi (non solo al Gesù storico!) perché, «in ogni generazione, si trasforma nelle anime sante». La Sofia diventa perciò la nostra collaboratrice quando diamo vita; l’opera della creazione viene eseguita come una co-creazione tra noi e la Sofia, tra noi e lo Spirito. Non è così strano, quindi, che le persone che scrissero di Gesù e che provenivano dalla stessa tradizione ebraica abbiano sviluppato anch’esse il proprio pensiero, dal momento che videro Gesù trasformarsi gradualmente da maestro a personificazione della Sapienza, una Sapienza che era pari a Dio. Alcune delle prime fonti del Gesù storico lo collegano alla Sofia, lasciando intendere che egli si vedesse come quest’ultima. Luca (11,49), esprimendo un passo della fonte Q (databile all’inizio degli anni Cinquanta del I secolo), quando parla di Gesù dice: «La Sapienza [Sofia] di Dio ha detto». Sempre Luca (7,35; cfr. Matteo 11,19) riferisce che Gesù disse: «Ma alla Sapienza [Sofia] è stata resa giustizia da tutti i suoi figli». Commenta Borg: «Presi insieme, questi due passi lasciano intendere che il movimento cristiano primitivo vedesse in Gesù sia il portavoce della Sofia che il figlio della Sofia, e che Gesù stesso potesse aver parlato di sé in questi termini». La fonte Q e il vangelo di Tommaso (databile tra gli anni Cinquanta e Settanta del I secolo) mettono in risalto più le massime che gli atti di Gesù. E pongono l’enfasi su Gesù inteso come la voce della Sapienza. Crossan conclude che questa tradizione debba datarsi «almeno agli anni Quaranta. In altre parole, si tratta di una corrente antichissima della tradizione cristiana». Crossan vede la Sapienza proveniente dalla tradizione biblica ebraica dietro alle raccolte di massime e ai racconti della Passione. Il vangelo di Tommaso descrive un Gesù che parla in diverse occasioni dell’importanza della creatività: «il regno è nel vostro interno e fuori di voi. Quando voi conoscerete voi stessi, allora sarete conosciuti e saprete che voi siete i figli del Padre vivente». L’atto creativo non è quel processo per mezzo del quale noi veniamo a patti con il nostro «interno»? E conoscere noi stessi non è parte dell’atto creativo e ciò che ci rende «figli del Padre vivente»? E ancora: «I discepoli dissero a Gesù: “Dicci come avverrà la nostra fine”. Gesù disse: “Avete dunque svelato l’inizio per domandare circa la fine? Nel luogo infatti dove c’è l’inizio, colà ci sarà la fine. Beato colui che si leverà all’inizio e non gusterà morte!”». Parte del processo creativo è tornare al principio, tornare di nuovo come bambini, vulnerabili dinanzi alla soggezione e alla meraviglia. Il processo creativo richiede animo o di levarsi «all’inizio». La morte non è vittoriosa sulla persona creativa che lascia dietro di sé un dono. Gesù sprona le genti a comunicare al mondo ciò che provano nell’intimo: «Ciò che udrai con il tuo orecchio, predicalo sui tuoi tetti. Nessuno accende una lampada e la colloca sotto un moggio né la pone in luogo nascosto. Egli la pone invece sul lucerniere, in modo che chiunque entra ed esce scorga la sua luce». Questo passo coglie sicuramente la forte spinta dell’artista a comunicare al mondo ciò che ha visto, provato, sentito nel profondo di sé. Gesù paragona il lavoro dell’uomo a quello dell’albero da frutto. «Un uomo buono estrae bene dal suo tesoro. Un uomo cattivo estrae male dal suo tesoro cattivo, che è nel suo cuore, e dice cose cattive, ché dall’esuberanza del cuore produce cose cattive». Il cuore è il luogo da cui traiamo il frutto, sia esso un cuore buono che reca un frutto buono o un cuore cattivo che reca un frutto malvagio. E dal cuore che alla fine traiamo la nostra creatività, come afferma un antico poema mesoamericano: «Il vero artista estrae ogni cosa dal proprio cuore. [...] Dio è nel suo cuore. Egli pone la divinità nelle cose». Paolo parla di Gesù come della Sofia di Dio proprio quando propone la sua versione della contrapposizione tra sapienza tradizionale e sapienza alternativa. Per Paolo, la sapienza tradizionale è vivere “sotto la legge” e la sapienza alternativa è “vivere attraverso la grazia”. Egli riproduce anche alcuni dei primi inni cristiani in cui viene cantata la preesistenza di Cristo «in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» (1 Corinzi 8,6). «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui» (Colossesi 1,16-17). Perciò già in Paolo, che scriveva negli anni Cinquanta del I secolo, Gesù diventa l’incarnazione della Sofia, che, detto in altri termini, è il Cristo cosmico. Nel prologo al vangelo di Giovanni, la Sofia viene menzionata allorché viene nominato il Logos. «In principio era il Verbo» e «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Gesù quindi diventa l’incarnazione della Sofia divina, la Sofia fatta carne. Tutto il vangelo di Giovanni è un vangelo di Sapienza incarnata. Secondo Borg, la Sofia costituisce dunque «la prima cristologia del movimento cristiano». E, come abbiamo visto, la si trova diffusamente anche nei vangeli sinottici, in Paolo e in Giovanni. Dire che la Sofia è centrale nel messaggio cristiano primitivo e nell’opera del Gesù storico vuol dire che la creatività è centrale nel messaggio cristiano primitivo e nell’opera del Gesù storico. Inoltre la Sofia è il ponte verso il Cristo cosmico e verso il primo sviluppo della cristologia. Il che equivale a dire che la creatività e la cosmologia sono centrali nel primo sviluppo della cristologia. Perché non ne abbiamo sentito parlare? Forse perché la cristologia del IV secolo prese un altro cammino - inteso a dimostrare che Gesù era «l’unico figlio di Dio» -, un cammino che consolidò un impero, ma che mancò di portare avanti lo Spirito e il messaggio del Gesù storico e del Cristo cosmico. La teologia medievale comprese lo Spirito del Cristo cosmico e il suo legame con la sapienza e con la nostra creatività. Così scrive Ildegarda di Bingen: Il Verbo di Dio è in tutta la creazione, visibile e [invisibile]. Il Verbo è vivo, è essere, è spirito, è la verdezza, [è tutta la creatività]. Il Verbo si manifesta in ogni creatura. Meister Eckhart vede tutti noi come «madri di Dio», che danno vita ogni volta che fanno nascere nientemeno che Cristo, il figlio e la figlia di Dio. Noi diamo vita a noi stessi come altri Cristi. «Non solo il Figlio del Creatore celeste è nato in questa oscurità, ma anche tu sei nato là, in quanto figlio dello stesso Creatore celeste e di nessun altro». Anzi, tutte le creature partecipano della creatività del Verbo divino o della Sapienza cosmica, perché «Dio ha riversato l’immagine e la somiglianza divina in tutte le creature». Abbiamo percorso una lunga strada partendo dalla colpa di Prometeo e di Adamo ed Eva. È questa la redenzione: poter essere creativi come lo è Dio. E il fatto che la nostra creatività e la co-creazione siano al servizio del programma di Dio, che è sempre compassione.

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