A me per certi versi fa venire in mente i GAS, come luoghi di ridistribuzione economica, solo che questo luogo (e gli altri simili che si trovavano nelle città vicine) potremmo considerarli molto di più, ovvero come centri di civiltà (non di dominazione, bensì di cooperazione come specifica l’autrice). Da una parte questi centri sembrano l’implementazione delle “Fabbriche di Bene” di cui parla Olivetti, dall’altra ricordano molto da vicino le case di culto previste dalla fede Bahai, che integrano il luogo di culto propriamente detto con delle adiacenze che fungano da asilo per i viandanti, luogo di cura per gli infermi, aiuto per i poveri (quindi centro economico) e funzioni educative/scientifiche.
Potrebbe essere interessante ispirarsi per creare strutture con analoghe funzioni “olistiche”, come centri di nuova civilizzazione, che aiutino la nostra società ad emergere dal pantano (dis)amministrativo nel quale si è inguaiata.
Spero che questo scritto non sia letto con l’occhio moralista perché, come è evidente per esempio a Pompei, queste civiltà avevano un’idea molto positiva del piacere.
Affresco del Palazzo di Cnosso, illustrante una schema di acrobazie di fanciulle |
Partnership e civiltà.
Estratto da “Il piacere è sacro” (R. Eisler) pagg 83-86Forse non riusciremo mai, dopo tanti millenni di condizionamento, a comprendere appieno come potevano sesso e spiritualità essere un tempo fusi, e ancor meno come una spiritualità erotica potesse manifestarsi nei riti religiosi e nella vita quotidiana.
Ma possiamo esaminare con grande apertura mentale i documenti di cui disponiamo.
Per quanto mi riguarda, ho ricavato alcune delle impressioni più vivide su come il sesso potesse essere insieme piacevole e gaio, oltre che sacramentale e spirituale, dallo studio di quella grande civiltà che al volgere del Ventesimo secolo fu riportata alla luce nell'isola di Creta.
Seguendo l'archeologo britannico sir Arthur Evans, si è soliti chiamare minoica questa civiltà, sebbene il re Minosse appartenesse alla cultura micenea che si sviluppò dopo il 1450 avanti Cristo, quando gli achei indoeuropei ebbero la meglio e assorbirono molti tratti della precedente civiltà dell'isola.
Ma, visto che questa importante cultura incentrata sul culto della Dea viene ancora chiamata minoica, per evitare confusioni, finché non si accrediterà un termine nuovo, userò anch'io questo appellativo. (13)
La società minoica, socialmente complessa e tecnologicamente avanzata, per vari aspetti fondamentali differiva grandemente da altre grandi civiltà dell'epoca.
Per cominciare, sembra aver regnato una coesistenza nell'insieme pacifica tra le varie città-stato dell'isola.
Come lo storico britannico R.F. Willetts osserva, ciò è in forte contrasto con le rivalità micidiali che opposero i successivi Stati greci in qualsiasi area simile.
Egli scrive che sebbene armi e armature conobbero un precoce sviluppo, e le spade cretesi fossero le migliori dell'Egeo, esistono poche prove in Creta del loro uso in combattimenti umani (in contrasto, per esempio, con le tombe micenee). (14) Osserva inoltre che l'insediamento cooperativo minoico, la lunga pratica della sepoltura comune e lo sviluppo apparentemente regolare e uniforme delle varie zone palatine si combinavano a una generale, se non totale, assenza di fortificazioni, a indicare un grado quando meno alto di reciproca tolleranza; e le case di campagna sparpagliate qua e là e le città indifese del successivo periodo palatino parlano chiaramente di pace all'interno e fiducia all'esterno. (15)
Esistono studiosi che tuttora cercano di negare l'evidenza, o di ignorarla, che la società minoica era non soltanto più pacifica ma anche più egualitaria di altre antiche civiltà ben più enfatizzate.
Peraltro, dati in grande quantità indicano che la vita nelle città minoiche era molto diversa da quella che si svolgeva nella maggior parte delle altre civiltà coeve.
Né piramidi né ziggurat dominano le assai più povere dimore della gente comune.
Fatto ancor più rivelatore, le città minoiche mostrano quel che gli studiosi descrivono come uno standard di vita generalmente alto, in assenza di quelle nette differenze tra coloro che hanno e coloro che non hanno che abbiamo appreso ad associare alle civiltà avanzate. (16)
Non s'intende ovviamente dire che la società minoica non conoscesse la gerarchia.
Occorre tuttavia fare una distinzione importante.
Si tratta della distinzione, che ho affrontato altrove quando ho messo a punto la mia "teoria della trasformazione culturale", tra due diverse forme di gerarchia.(17) Una è la gerarchia basata sulla forza o sulla minaccia della forza, che ho chiamato gerarchia di dominazione; l'altra è una forma molto più flessibile e di gran lunga meno autoritaria, che ho chiamato gerarchia di attualizzazione, accompagnata da una maggiore complessità di funzioni e da maggiore efficienza. (18) E' questa seconda forma, la gerarchia di attualizzazione, che probabilmente descrive meglio la struttura amministrativa e religiosa in antichi siti minoici come il Palazzo di Cnosso, che serviva anche da centro di ridistribuzione delle risorse.
Dovrei a questo punto aggiungere che gli studiosi sono sempre più concordi nel considerare improprio il nome di "palazzo" usato per definire le mirabili strutture, spesso labirintiche, di Cnosso, Zakro, Festo e di altri siti archeologici di Creta.(19) Questi edifici costruiti in modo irregolare, con giardini, corti, teatri e una rete di strade che consente di raggiungerli dalle città e dal mare, pare siano stati una combinazione di centro religioso, amministrativo, legale, artigianale e commerciale.
Vi si svolgevano importanti cerimonie religiose, come le danze dei tori in cui (come ancora si vede nel famoso affresco del Palazzo di Cnosso) fanciulle e giovani contavano le une sugli altri per la propria salvezza, e si aiutavano reciprocamente a saltare sulle corna di quelli che erano tori probabilmente addomesticati ma potenzialmente ancora letali.(20) Come dimostrano le squisite figurine della Dea dei serpenti rinvenute nel Palazzo di Cnosso, le sacerdotesse intessevano stretti rapporti spirituali con i serpenti nelle "trances" estatiche.
E in quei luoghi gli artisti creavano le mirabili figurine scolpite, gli artigiani fabbricavano ceramiche, sigilli e altri oggetti e utensili per uso domestico e per l'esportazione, mentre granaglie, olio e altri prodotti della terra venivano immagazzinati in lunghe file di orci, e molto verosimilmente si riunivano le assemblee per prendere decisioni su questioni importanti quali le opere pubbliche (compresi il sistema igienico, sorprendentemente moderno, le strade pavimentate e i viadotti).
Sempre più concordi sono alcuni studiosi (tra cui Helga Reusch, Emmett L. Bennett, R.F. Willetts, Henri Van Effenterre, Helen Waterhouse) nel riconoscere che l'antica tesi di un re o di un re-sacerdote che da Cnosso governava Creta non è avvalorata da alcun riscontro. (21) In realtà, l'unica opera d'arte che può essere ragionevolmente interpretata come una rappresentazione di un dio-sovrano è costituita dai cosiddetti affreschi processionali.
Un aspetto importante di quest'opera è che la figura centrale, con le braccia levate nell'atto di benedire, "non" sta su un piedestallo elevato né ha dimensioni maggiori delle figure che si avvicinano portando offerte di frutta e vino (come poi saranno presentati i re divini).
Ancor più importante e rivelatore è il fatto che la figura centrale dell'affresco è un personaggio femminile invece che maschile.
Di conseguenza, alcuni studiosi (Reusch, Waterhouse, Willetts, Ruby Rohrlich-Leavitt e Jacquetta Hawkes) hanno scritto di una regina o di una regina-sacerdotessa che rappresenta la Dea officiante nella famosa sala del trono del Palazzo di Cnosso.
Per certo, come sottolinea Reusch, i grifoni ai due lati del trono sono quasi universalmente associati alla Dea. (22) I gigli e le spirali sulle pareti sono altrettanti simboli tipici della Dea, (23) e le piccole dimensioni del trono (in realtà un sedile in pietra elegantemente inciso e non in posizione più elevata) conforta ulteriormente la conclusione che a occuparlo era una donna e non un uomo.
A ciò vorrei aggiungere che forse non di sala del trono si tratta, ma di una stanza (e di una stanza relativamente piccola) in cui un'alta sacerdotessa presiedeva cerimonie e/o udienze su questioni legali e di altra natura.
Peraltro, come sottolinea ancora Willetts, è anche assai probabile che le gerarchie maschili siano coesistite con le sacerdotesse di palazzo, alcune incaricate forse di affari commerciali e marittimi, altre con funzioni sacerdotali. (24) In breve, la struttura sociale della Creta minoica pare conformarsi più al modello della partnership che a quello della dominanza.
[...] se volete continuare la lettura, contattatemi, possiedo l'ebook completo, oppure cercatelo in biblioteca :)
NOTE
NOTA 13: Di recente Mara Keller ha proposto l'espressione Creta Ctonia per definire la civiltà cretese caratterizzata dal culto della Dea. Ctonia era un termine con cui gli antichi chiamavano Creta, là dove, secondo i greci, era venerata Demetra Ctonia, Demetra come Madre Teresa (Keller, 1992).
NOTA 14: Willetts, 1977, pagine 112-113.
NOTA 15: Ibid.
NOTA 16: Platon, 1966.
NOTA 17: Vedi "The Chalice and the Blade".
NOTA 18: Ibid.; Eisler e Loye, 1990.
NOTA 19: Gimbutas talvolta usa il termine "tempio-palazzo" come compromesso in quanto, scrive, il termine "palazzo" ha ormai una lunga tradizione ed è pertanto difficile abbandonarlo completamente (lettera di Marija Gimbutas all'autrice, 14 novembre 1992).
NOTA 20: Così fu girato un film messicano sui tornei coi tori, come m'informarono mentre mi trovavo a Creta nel settembre del 1992. Mi dissero anche che a Creta c'era un gruppo che tentava di riportare in onore questa antichissima pratica allevando tori e cominciando l'addestramento quando erano ancora molto piccoli.
NOTA 21: Come osserva Willetts: Sebbene le cerimonie compaiano di frequente nell'arte minoica, mai una figura regale vi prende parte o la presiede. Willetts sottolinea anche che la pittura prova ampiamente la posizione predominante delle donne in tali scene e nella cultura minoica in generale (Willetts, 1977, pag. 112).
NOTA 22: Ibid., pag. 111.
NOTA 23: Gimbutas osserva che spesso questi temi compaiono anche nell'antica Thira (Santorini) (lettera di Marija Gimbutas all'autrice, 14 novembre 1992).
NOTA 24: Willetts, 1977, pag. 113.
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